Chi è il liberalconservatore?

Oggi il termine “conservatore” è diventato quasi una parolaccia, “liberale” è un insulto, “liberista” non ne parliamo; e “nazionalista” titolo di encomio. Chi è però il liberalconservatore? Oggi il termine sembrerebbe una contraddizione, ma in realtà non lo è. Minoranza di una minoranza (i liberali), il liberalconservatore è ritenuto ambiguo proprio per la sua attitudine positiva verso il laissez-faire in economia e il conservatorismo relativo in alcuni cosiddetti valori. Inoltre, egli è aperto alla nuova generazione dei diritti, ma non dimentica la centralità e l’unicità dell’individuo. Il mercato è la sua guida. Sono tante le sfumature di liberalismo. Le versioni occidentali non-anglosassoni, come evidenziato da Friedrich von Hayek, cercano di tenersi alla larga dal liberalism, a cui si ispirano i movimenti del centrosinistra, che con John Locke o Adam Smith hanno poco a che fare.

Quando si tenta di identificare il liberalconservatore c’è storicamente un’enorme confusione nei termini da utilizzare per definire la categoria. «Moderati, liberali, centristi: non sono sinonimi», ha scritto Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 26 giugno 2019). «Un moderato è uno che non sopporta né le urla né le semplificazioni/banalizzazioni» (in questo senso, è avversario supremo dei demagogo-populisti di destra e di sinistra). «Un moderato non è necessariamente un liberale: erano moderati (ma non liberali) quegli elettori della Democrazia Cristiana […] che accettavano come normale un livello di intrusione statale nella vita economica tale da suscitare la ripulsa dei (pochi) liberali allora in circolazione». In Italia il liberalismo non ha attecchito un granché (non stupisce dunque l’assenza o quasi del liberalconservatore).

Ai margini della vita politica ed economica del paese, il liberalconservatore va distinto dalla destra sociale (quella sì ben presente in Italia), che a livello economico ha sempre promosso ricette e formule para-socialiste. La destra sociale non è affatto mancata nell’Italia repubblicana e non è stata neppure tanto una minoranza (sebbene mai maggioranza). Solo nella cosiddetta Seconda Repubblica ce ne sono state tre. Una postfascista, corporativista, antiliberale, nazional-statista (l’ex Movimento Sociale, poi Alleanza Nazionale, oggi Fratelli d’Italia). Una leghista, protezionista, localistica, secessionista, anti-nazionalistica prima (Lega Nord 1987-2012) e nazionalistica, nazionalista e a tratti xenophoba poi (Lega 2013 oggi). Ed infine, una berlusconiana, colbertista, a parole liberale, vagamente post-democristiana, antistatalista, affaristica (Forza Italia 1994-2008, Popolo della Libertà 2008-2013, Forza Italia 2013-oggi?).

A sua volta, la destra va distinta dal “conservatorismo”. Secondo Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera, 1° ottobre 2016), «cultura conservatrice vuol dire identificazione ragionata con il lascito del passato, con gli edifici, il passaggio e i costumi di un luogo, l’attaccamento ai valori ricevuti». E poi «e poi senso delle istituzioni, considerazione non formale peri ruoli, i saperi, le competenze, rispetto delle regole». In tutto questo, c’è poco di liberale. Un ponte con tale micro-universo lo aveva gettato nel 1972 nel Manifesto dei Conservatori Giuseppe Prezzolini, secondo cui «il Vero Conservatore si guarderà bene dal confondersi con i reazionari, i retrogradi, i tradizionalisti, i nostalgici, perché il Vero Conservatore intende “conservare mantenendo”, e non tornare indietro a fare esperienze fallite». In questo paradossale “progressisimo”, è vicino al liberale. Il conservatore può essere moderno e molto vicino a quest’ultimo. I due non sono incompatibili: spesso si possono capire.

Un tradizionalista come Giovannino Guareschi scrisse ad Alcide De Gasperi sintetizzando bene alcuni elementi liberal-conservatori. «Siamo noi, […] noi cittadini liberi […] Noi che siamo […] cristiani pur rifiutando […] papaline colorate, noi che sentiamo la necessità di una migliore giustizia sociale ma che mai accetteremo di fare alcunché di demagogico. Noi che per vivere dobbiamo lavorare duramente come l’ultimo dei proletari ma abbiamo l’orgoglio di essere borghesi. Noi che siamo per l’ordine ma che odiamo ogni tipo di dittatura. Noi che siamo per il trionfo dell’individuo ma non ammettiamo il divismo. Noi che abbiamo orrore della guerra ma che non ci siamo mai sottratti […] ai nostri doveri di cittadini […] Noi che sosteniamo il diritto di scioperare ma che non abbiamo scioperato mai […] Noi che vogliamo il trionfo dei nostri diritti ma ci preoccupiamo, prima di ogni altra cosa, di fare il nostro dovere» (Il Candido, 1948, riportato da Bombardate Roma! di Mimmo Franzinelli).

Interessanti considerazioni su cosa sia un conservatore oggi le ha fatte Gian Enrico Rusconi (Dove va la Germania?). Egli ha stabilito chiaramente le differenze tra il mondo conservatore e quello della destra (sociale). «Il conservatore sa che il cambiamento generale non può essere impedito: vuole dare forma a questo cambiamento. Il tradizionalista decide che tutto deve rimanere com’è. Il reazionario vorrebbe far tornare indietro la ruota del cambiamento. Il conservatorismo non conosce verità eterne, al contrario: […] difende oggi quello che ieri ha combattuto». Cosa che non è del tutto estranea all’immoderatezza, all’anticonformismo e all’effervescenza liberale. A dispetto di quanto afferma chi lo identifica come populista, «il conservatore accetta la pluralità delle culture e la loro coesistenza».

D’altra parte, «quello di destra invece è un modo di pensare che mette al primo posto la (presunta) omogeneità del proprio gruppo, ed è indifferente verso le altre culture e forme di vita finché non interferiscono con la propria»; parliamo dei nazionalisti-populisti, cioè i sovranisti. Profondamente collettivisti e, come tutti i collettivisti, seguendo Ayn Rand, razzisti. Continua Rusconi, «una differenza fondamentale tra conservatori e destra sta nel linguaggio. I conservatori sanno che molte delle loro richieste […] non trovano consenso maggioritario, ma non per questo recriminano parlando di “terrorismo” nei loro confronti o di “stampa bugiarda”, quando le loro opinioni non sono accolte. Un vero conservatore considera l’ordinamento liberale della società un valore in sé e la difesa può grande contro i tentativi autoritari». Un conservatore è moderato individualista (lo è anche il liberale); un nazionalista è un estremista collettivista. I ponti tra liberali e conservatori ci sono. Il liberalconservatore esiste.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su Istituto Liberale Italiano – Blog)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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